lunedì 9 novembre 2015

Pellegrinaggio Nduye-Mambasa

Lentamente l’Unimog sale la collina della missione.  Sono le 10,30.  A bordo, i superstiti del pellegrinaggio Nduye-Mambasa. Era cominciato domenica 1 novembre. I pellegrini, una sessantina e non tutti cristiani si erano riuniti in chiesa  alle 6,30 per la Santa Messa celebrata dal  padre Jean Louis, cappellano e animatore del pellegrinaggio. Al termine, un  momento di silenzio e di raccoglimento sulla tomba di padre Longo. Alla porta della chiesa, p. Silvano spiegava la finalità di questo pellegrinaggio e nascondendo l’emozione e la preoccupazione riusciva a benedire i partenti. La calma, la serenità e la determinazione di questi lo rassicuravano. Col passaggio davanti alla grotta, in fondo alla collina, iniziava il lungo e faticoso tragitto di 60 km. Erano le 8.
La campana suona per la Messa domenicale  di orario. Tutti pensiamo ai nostri fratelli  (pochi) e alla nostre sorelle (tante,  con loro anche suor Marianna e suor Regina, ultrasessatacinquenni)  che sono in viaggio e li seguiamo con la preghiera. Conoscendo bene la strada e la tabella di marcia, li possiamo facilmente localizzare: sono a Bandichecho, Mborokube, Saba-saba, Akokora, Aluta… Rosario alternato da canti; sosta nelle varie cappelle per  meditare le stazioni della Via Crucis e unirsi a Gesù nel cammino verso il Calvario… Prima lunga sosta ad Aluta, 14 Km da Nduye. Pranzo sobrio preparato dalle donne del posto. Si riparte seguendo Jean Baptiste che, intrepido, porterà la croce da Nduye a Mambasa. Fiero, conscio del suo ruolo, sempre in testa, guida (con passo cadenzato grazie agli stivali) questa folla di poveri del Signore che chiedono con la preghiera, i canti, impreziositi dalla   stanchezza  che la Parola di Dio, seminata lungo queste strade da padre Bernardo, continui ad essere lievito, sale, luce e vita per tutti gli abitanti di Nduye e Mambasa. Poveri lo sono e non lo nascondono: nessuna tuta da ginnastica, scarpe da trekking, racchette, zaino, borraccia… ma il vestito di ogni giorno, infradito ai piedi e spesso malconcio. Provviste e vestiti? Hanno messo tutto in pochi fagotti, che raccolgono gli effetti personali di diverse persone, e a turno si avvicendano nel trasportarli, annodando  i capi di questi  sulla fronte. Nessun incidente per fortuna. Arrivo a Bukulani (30 km)  la sera. Cena (riso, fagioli), pernottamento sotto ripari improvvisati  ed essenziali:  dei teloni di camion,  sostenuti da qualche bambù…Per fortuna, il temporale  questa notte, contrariato,  si fa sentire solo da lontano.

Lunedì 2 novembre.

Messa alle 6,30; si consuma il resto della cena della sera precedente e si riprende il cammino. Jean Baptiste è sempre in testa senza nessun segno di stanchezza o di distrazione: un vero alfiere della croce. La cadenza del suo passo è da metronomo. Alle 14, con la moto, raggiungo i pellegrini. Non sono potuto partire al mattino perché  avevo un colloquio con la Madre Generale delle Suore Servantes, in visita a Nduye. I pellegrini stanno facendo la sosta nella prima cappella della parrocchia di Mambasa:

Epulu 2, subito dopo il ponte che fa da confine. Una ventina di pellegrini giunti da Mambasa  si sono uniti a loro. Hanno  già pregato,  meditato l’undicesima stazione (Gesù spogliato delle sue vesti); sono pronti per l’ultimo tratto: 12 km. Cammino in mezzo a loro: mi sento piccolo, meschino: mamme col bambino sulla schiena, pigmei un po’ smarriti e che cercano di indovinare le parole delle preghiere e dei canti, ragazzi che camminano con una leggerezza incredibile, saltando le numerose pozzanghere, uomini col respiro rumoroso  e  il passo pesante… Fa caldo, tutti sudano abbondantemente e questo crea una specie di sauna mobile che ti avvolge. Penso alle parole di padre Davide Turoldo, riprese più volte da papa Francesco: “Il buon pastore deve puzzare di pecora”. Oggi vivo questa realtà. Sento l’odore della  gente, condivido la fatica, prego, canto con loro e aspiro alla meta. Quale emozione nell’ascoltare il salmo: “Nilifurahi waliponiambia: tuendeni nyumbani mwa Bwana” : “Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore…!”
Arriviamo a Mambasa alle 17,45. Un momento di sosta al quadrivio dove è stato ucciso padre Bernardo, il 3 novembre 1964.  Alle 18 entriamo nella chiesa parrocchiale e ricordiamo la quindicesima stazione: Gesù risorge! Nonostante la stanchezza nessuno si siede: sono in piedi o in ginocchio! Felici! I cristiani di Mambasa si occupano di loro: acqua, cibo,  alloggio nella sala parrocchiale sul nudo cemento, coperto con i soliti teloni di camion. Nessuna lamentela,  esigenza o rimpianto.  Gioia e orgoglio di avercela fatta.

Martedì 3 novembre.

Un bel sole ci rassicura. La Messa sarà all’aperto davanti al Santuario della Beata Anuarite, all’inizio della strada per Nduye e non lontano dal luogo del martirio di padre Longo. I pellegrini di Nduye hanno diritto a un posto riservato e sono oggetto di sguardi stupiti e ammirativi! La Messa è solenne, 5 sacerdoti! La presiede padre Dino. La corale è in alta uniforme. Purtroppo il sole obbliga la gente a trovare riparo  sotto i pochi alberi che circondano il Santuario. I pellegrini di Nduye impavidi sopportano anche il sole e non rompono il quadrato! Dopo la Comunione, un testimone, fra l’emozione generale,  racconta gli  ultimi momenti della vita del Padre. (L’ho invitato a Nduye perché possa raccontarmi con precisione ciò che è successo quel martedì, 3 novembre
1964…). I “miei” pellegrini saranno ospiti di onore al pranzo e ai giochi. Posso stare tranquillo. Allora mi preparo  in fretta per ritornare a Nduye. Ho promesso ai cristiani di celebrare la Messa alle 17. Promessa mantenuta,  nonostante l’uragano che mi aspettava a 5 km da Nduye.  Non vedevamo più la strada, trasformata in un torrente. Nonostante queste condizioni atmosferiche i cristiani erano numerosi. Finita la Messa, spontaneamente, quasi tutti si sono inginocchiati attorno alla tomba del Padre e secondo la loro usanza molti piangevano o esprimevano a voce alta il loro dolore;  molti sono rimasti in preghiera fino a notte profonda…

 

Mercoledì 4 novembre.

Il vecchio Unimog, riparato un po’ alla meglio per la

circostanza, parte da Mambasa con i  pellegrini che vogliono approfittare di questa occasione. Parecchi  invece si fermano  a Mambasa per visitare i parenti e gli amici. Purtroppo il viaggio è stato avventuroso. Panne, sprofondamento nel fango e nelle pozzanghere: per fortuna la nostra gente non è stressata, si adatta. L’importante è che non soffra la fame. Per questo, giovedì  5 novembre, saputo che sono ancora in panne a 25 km da Nduye , verso sera, parto con riso e…pesce secco! In fretta le donne puliscono, lavano e preparano; la gente ride e canta.  Sanno che passeranno  un’altra  notte sotto le stelle e probabilmente anche sotto la pioggia, ma nessuno si  lamenta. Il riso e il pesce  bollono  nelle pentole…è  l’essenziale.  I meccanici, ragazzi stagisti dell’Istituto Bernardo Longo,  assieme all’autista,  anche questo ex-alunno dell’ Istituto Bernardo Longo, improvvisando un rudimentale banco di lavoro (il solito telone steso per terra) riescono ad individuare le prese d’aria  del circuito di alimentazione e a riparare il motorino di avviamento.
A mezzanotte si rimettono in viaggio, ma per poco: a 14 km, una buca piena d’acqua li obbliga ad un’ultima sosta in piena foresta. Ma la meta è vicina… Si svuota la buca, si scava e si riparte. Il loro arrivo è un tripudio: canti dei pellegrini, grida della gente, motore a pieno regime e claxon a tutto volume. Abbiamo dimenticato  la campana. Cercherò di ricordarmelo la prossima volta.

Il bel tramonto del 6 sera…è per noi un nuovo arcobaleno di speranza.

Grazie mamme, Suore, papà, ragazzi e ragazze: ci avete dato un bel esempio di fede e di riconoscenza nei confronti di padre Bernardo e a noi,  un  caloroso incoraggiamento. Grazie!

2 commenti:

  1. Grazie per le belle notizie che ora riceviamo dal cuore dell’Africa.
    Per rendere vivace questo blog proporrei di testimoniare il nostro passaggio con un breve commento per dimostrare l’interesse, nascosto ma sempre grande, ed anche….la nostra vicinanza.
    Si potrà nutrire questa speranza?

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  2. Un grazie a tutti Padri, Suore. catechisti, pellegrini tutti di Nduye e Mambasa per il significatico segno di testimonianza nel ricordo di P. Bernardo. Le belle notizie mi riempiono il cuore di gioia, nostalgia, desiderio di ritornare tra voi per restare con voi. Il vostro esempio nell'affrontare i disagi del quotidiano merita tanta stina, bene affetto.
    Grazie. Vi porto nel cuore sempre.
    Ciao, Lidia

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