Dapprima, con qualche dubbio e perplessità, poi sempre più chiaramente ho capito fin dalla settimana scorsa che si stava preparando QUALCOSA per questa domenica. Pulizia attorno alla missione, tosatura, a mano, del campo sportivo, va e vieni di moto (unico mezzo motorizzato presente a Nduye) con mercanzie varie sul portapacchi: banane, manioca, patate dolci, bidoni di olio di palma, capre (vive!), carne affumicata…e un po’ dappertutto dei gruppi di bambini e ragazzi che ripetevano canti e danze. Non osavo fare delle domande esplicite perché intuivo che tutto questo mi riguardava. Finalmente il segreto è sfumato: “Domenica 25 ottobre, vogliamo festeggiare i tuoi 45 anni di Africa, i 50 anni di sacerdozio e i 60 di vita religiosa…e il tuo ritorno”.
E allora perché fare lo schizzinoso o sembrare riluttante?
Erano invitati tutti i catechisti delle varie cappelle, i capi religiosi, le autorità: ragione in più per una buona preparazione e una buona riuscita della festa. Non mi sono nascosto. Un’ottima opportunità per tuffarmi di nuovo nel mio mondo. Certo non sono uno specialista del coupe-coupe (una via di mezzo fra la falce e il machete) che serve a tagliare l’erba; me la sbroglio con la zappa e il badile, ma alla mia età il motore ha poca pressione. Non importa. Sono certo: la mia entrata in campo è stata spontanea, naturale e bene accolta. La corrente di simpatia, di solidarietà è stata riallacciata. E le mie braccia sono già scure. Sabato mattina e pomeriggio un viavai caotico e rumoroso alla missione: pulizia della chiesa, arrivo degli ospiti dai villaggi, preparativi per la tribuna e per il pranzo. Ormai le mamme e gli incaricati del protocollo sono rodati. Lascio al padre Jean Louis il ruolo di Marta. Io resto in chiesa per le confessioni.

“Se uno vuole essere mio discepolo, rinneghi se stesso…”
“Chi fra voi vuole essere il primo, sia il servo di tutti”
“ Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire…”
Il Vangelo di oggi aggiunge a queste frasi una nota di incoraggiamento e di ottimismo. Al cieco di Gerico i discepoli dicono: “Coraggio, alzati, ti chiama!”.
Dopo la Messa, all’aperto, c’è l’offerta dei doni, i canti, le danze. Qualche scenetta riproduce con ironia e realismo alcuni aspetti della vita della missione: la processione di gente che sale la collina per andare a chiedere di tutto… Il pranzo è un momento di festa, di musica ( a mio parere più frastuono che musica) e di una copiosa mangiata: riso, sombe (foglie di manioca) fagioli, un po’ di carne. Gli incaricati della distribuzione fanno pressione sulle colline di cibo affinché stia assieme e ce ne stia di più…
Se serve…
All’inizio del pranzo colgo l’occasione per salutare tutti, per creare comunità e per invitare alla collaborazione e alla fraternità. Nel pomeriggio non manca la solita e appassionata partita di calcio sul terreno ben rasato per l’occasione. Per i più sobri e devoti (purtroppo non molti), la giornata si chiude in chiesa con la recita del Rosario e con l’inizio della novena in preparazione alla festa del Padre Longo, 3 novembre. E già si parla di quella data: è in programma il pellegrinaggio che quest’anno ci porterà a Mambasa. Abbiamo deciso di alternare la meta: un anno a Nduye (dove è sepolto il padre Longo) e un anno a Mambasa (dove è stato ucciso).
Si stanno raccogliendo le firme degli aderenti…(a seguire).
Che bello Mupe percepire dai tuoi racconti quanto i pigmei ti vogliano bene!
RispondiEliminaE’ proprio vero…il bene, chiama il bene!!!
Non solo ce lo insegni, ma ci mostri nel concreto quanto siano vere le tue parole!
Un grazie enorme a chi ha accorciato la distanza con Nduye!
Fantastico!
le tue parole e le foto sono bellissime e ci fanno sentire il calore che ti circonda.
RispondiEliminaBuon lavoro !
È bello stare lì (qui), accoccolati per terra a guardarti conversare con la gente del villaggio, sorridere, salutare. Si riesce a sentire il rumore, le voci, i canti. Immaginare i profumi del cibo, il calore del sole.
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